IL GIORNO CHE TORNAMMO AD APPLAUDIRE IL GESTO ATLETICO.

27 luglio 1998 – Da Grenoble ha inizio la quindicesima tappa del Tour – 189km – che giunge in vetta Les Deux Alpes, dopo aver scalato e disceso il temibile Galibier. Marco Pantani è quarto in generale, accusando un distacco di 3:01 dal leader Jan Ullrich. La pioggia ed il freddo (12°C) stanno mettendo a dura prova gli atleti, gli elicotteri sono rimasti a terra a causa della scarsa visibilità. Ancora 47km al traguardo. Gli ultimi 4km, i più duri per raggiungere la vetta del Galibier. Il Pirata si alza sui pedali e con uno scatto perentorio lascia tutti al palo. Con la sua inarrestabile progressione raggiunge tutti i fuggitivi e, aprendosi un varco tra le ali di folla festante, è primo sulla vetta.
Una folle discesa, resa ancor più impegnativa delle avverse condizioni meteorologiche, e poi l’ultima impegnativa salita alla volta de Les Deux Alpes, dove la folla lo osanna ritraendosi all’ultimo per lasciarlo transitare, come un onda sul bagnasciuga.

Italiani, belgi, austriaci, tedeschi. Ma per maggior parte sono i nostri cugini transalpini che, accantonando il loro proverbiale campanilismo, si sono improvvisati citoyens du monde di un’Europa che a tutt’oggi stenta ad essere coesa. 

“Si applaude il campione. Si applaude il gesto atletico.” Queste sono le parole del compianto Adriano De Zan, telecronista di questa epica tappa. 

Giungerà primo, col rivale a 8:59: quell’anno, dopo la maglia rosa a Milano, anche la maglia gialla a Parigi era stata conquistata.

4 maggio 2020 – Come tutti gli atleti, Filippo Tortu può infilarsi nuovamente le scarpette chiodate e rimettere piede sul tartan di Giussano, la sua abituale pista di atletica, dopo quasi due mesi di assenza a causa del COVID-19. Da un balcone dal quale si vede la pista una bandiera italiana per lui: plausi ed incitamenti per il nostro campione, detentore del record italiano sui 100m col tempo di 9”99. “E’ stato davvero un momento intenso e carico di emozione”, dirà in un’intervista. Oggi si ritorna ad applaudire il campione, ad applaudire il gesto atletico.

Un improbabile e sacrilego accostamento? Può un giorno quasi come tanti altri essere accostato ad una delle imprese più leggendarie della storia sportiva? Probabilmente il tempo laverà via il ricordo di questo evento, eppure basti pensare che poco più di un mese prima un altro campione come Yeman Crippa ha confessato ai media di essere stato fermato più volte dalle forze dell’ordine per accertamenti, spesso – a sua detta – su segnalazione di qualche cittadino. Si stava allenando per le Olimpiadi di Tokyo, che ancora erano calendarizzate per quest’estate.

Per questo il 4 maggio è una data molto importante, che fa da spartiacque fra il periodo di lockdown e quello in cui tutti, non solo gli sportivi, possono tornare a praticare attività motoria oltre che sportiva e con una maggiore libertà. Tutti i cittadini possono tornare ad uscire, con meno vincoli e con una moderata sicurezza, senza dover stare dietro alle sbarre di una gabbia indotti nell’astio ad improvvisarsi forze dell’ordine per un sentimento di repressione e paura allo stesso tempo.

Oggi che tutti possono uscire, si torna a vedere lo sportivo, di qualsiasi levatura, come una persona da ammirare, nella prestazione, nello sforzo nella fatica e nel sudore. Oggi si può uscire senza sentirsi in colpa, senza essere a torto denunciati, senza essere apostrofati come untori.

Ecco perché la simbolicità di un episodio può essere accostata ad una delle pagine più emblematiche dello sport.